Giovedì 24 marzo, è iniziato il Laboratorio di etnopsichiatria che coinvolge il personale appartenente a tutti i profili sanitari e non, afferenti alla differenti strutture del Dipartimento Salute Mentale e Dipendenze della ASL 2, ed è aperto, a titolo gratuito, ad operatori dei servizi sociali e del privato sociale operanti sul territorio dei Distretti Savonese e Bormide.
Qui di seguito i “take-home messages”, una sintesi dei concetti emersi durante l’incontro di formazione.
- L’Etnopsichiatria considera la persona nel suo ambiente, costruita da una specifica antropopoiesi, legata ad alcuni attaccamenti fondamentali, inserita nel suo gruppo di
umani e non umani, e cioè immersa nella sua storia e nel contesto in cui è avvenuta, in quella cultura fatta di oggetti, intenzioni ed entità materiali ed immateriali. - Dobbiamo sempre chiederci, quando lavoriamo con persone di culture diverse, il significato dei sintomi per quella specifica cultura.
- Importanza di “fare epochè”, ossia di sospendere il giudizio, e di assumere una posizione decentrata, ossia di non stare in una posizione etnocentrica, affinché l’altro non sia guardato “dall’alto in basso”.
- Riconoscimento del valore degli attaccamenti fondamentali e delle modalità della loro sostituzione. Prendere sul serio gli attaccamenti fondamentali comporta anche prendere sul serio le pratiche e le teorie di protezione verso le aggressioni esterne che intendono rescindere gli attaccamenti dell’altro per sostituirli con attaccamenti che leghino, condizionino ed evitino la libertà dell’altro di essere diverso.
- La cultura è ciò che l’uomo ha inventato per rendere il mondo vivibile e la morte affrontabile.
- Siamo tutti etnici, anche se ognuno è convinto di essere la parte compiuta di umanità.
- Universalità psichica: tutte le produzioni e le rappresentazioni dell’umano hanno pari dignità.
Le slide e il video completo del primo incontro di formazione sono disponibili per i e le partecipanti nell’area riservata
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